La conquista del K2

0 votes
+
Vote up!
-
Vote down!
Ritratto di maurizio
maurizio

Cinquanta anni dopo la clamorosa conquista della seconda montagna più alta della terra da parte della spedizione italiana guidata da [[Ardito Desio]], ciò che la maggior parte degli appassionati di storia dell’alpinismo ricordano sono le successive polemiche scatenate da Walter Bonatti. Senza voler entrare nel merito della questione, non possiamo non sottolineare come ciò abbia un po’ offuscato gli altri aspetti di quella impresa.

Il libro-relazione scritto dal capo spedizione riporta a galla, invece, molti altri aspetti estremamente interessanti di questa epica vicenda.
In primo luogo lo sforzo organizzativo fatto per mettere in piedi una macchina enorme: la selezione degli uomini e la loro preparazione fisica; la scelta dei materiali all’avanguardia per l’epoca grazie a diversi test tecnici; la logistica imponente (molte tonnellate di viveri ed equipaggiamento ripartite sulle schiene di 502 portatori); fino alle ricognizioni aeree, non esistendo infatti buona parte dei necessari riferimenti topografici…
Non a caso l’assalto alla vetta occupa solo una delle quattro sezioni del libro, la terza. La più misconosciuta è però la quarta, quella che tratta delle esplorazioni e ricerche scientifiche che gli italiani hanno compiuto in quella circostanza: le indagini ed i dati raccolti hanno avuto un significativo valore in discipline come la geografia (raccolta di dati, notizie descrittive e rilievi fotogrammetrici); la geologia (indagini e rilievi geologici e studi petrografici); geofisica (ricerche di gravimetria e magnetometria); zoologia e botanica; etnografia e paleoetnologia.
E’ inoltre la testimonianza di uno stile di affrontare le spedizioni che per fortuna non esiste più, ma che ha caratterizzato tutta un’epoca dell’alpinismo del XX secolo: allora esso aveva ancora la capacità di infiammare l’opinione pubblica e la notizia della conquista della vetta suscitò viva emozione. E’ anche la testimonianza dell’uomo Ardito Desio, che il XX secolo ha interamente attraversato seguendo sentieri in ogni parte del mondo, ma che tra i silenzi del Karakorum ha lasciato una parte del proprio cuore: «vorrei tornare dove non c’è nessuno, dove ci si trova da soli di fronte a se stessi e a Dio».