Aspromonte

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Ritratto di maurizio
maurizio

“I parchi nazionali nello sviluppo locale”. Così l’autore ha riassunto la tematica che espone in circa 200 pagine di estremo interesse. Talmente importanti che mi sento di consigliare la lettura di Aspromonte non solo a tutti coloro che seguono le problematiche ambientali e/o ambientaliste, ma anche a quanti hanno a cuore lo sviluppo della società civile, e che per questo intendono partecipare alle scelte collettive con la migliore cognizione possibile dei problemi e delle loro eventuali soluzioni.

In primo luogo è importante conoscere qualcosa sull’autore, dato che certi argomenti non possono essere affrontati se non partendo dalla propria formazione culturale. Tonino Perna è docente di Sociologia economica all’università di Messina, presidente del Parco nazionale dell’Aspromonte, vanta una lunga militanza nel mondo della cooperazione internazionale nell’ambito delle ONG (Organizzazioni Non Governative) ed è stato impegnato sul “fronte” pacifista contro la guerra della NATO nei Balcani. E’ stato voluto alla presidenza del parco dall’allora ministro per l’Ambiente Edo Ronchi. Un simile curriculum può già fare arricciare il naso a molti: errore gravissimo! L’analisi condotta dall’autore non risparmia di certo la sua area di estrazione politica.
Parlando di riserve naturali occorre illustrare le ragioni della nascita e la successiva evoluzione dei parchi in generale: dalla conservazione di tipo museale tipica dei grandi paesi anglosassoni (o divenuti forzatamente tali come il Sudafrica), alla concezione moderna di parco come culla di un ecosistema comprendente anche l’essere umano con tutte le sue esigenze dettate dalla società contemporanea.
Se dunque i parchi del XXI secolo sono da intendersi come dei laboratori socio-ambientali essi necessitano di programmazione, di riflessione e di partecipazione: l’esperienza proposta al lettore testimonia chiaramente come il modello di sviluppo finalizzato al maggior fatturato (o, parlando di nazioni, alla crescita continua del PIL) sia non solo perdente, ma addirittura devastante in termini di ferite all’ambiente, di eradicazione delle culture locali e di omologazione delle produzioni, con conseguente depressione economica e dispendio dei fondi pubblici stanziati per fronteggiare le immancabili emergenze, che in realtà sovente sono tali solo perchè affrontate senza una preventiva analisi delle cause e delle relative dinamiche.
«Sono questi i termini della sfida che si gioca in tutto il Mediterraneo: proseguire, come un’auto impazzita, in questa corsa folle alla distruzione delle risorse naturali, o trovare le strade alternative, anche se più difficili, più lente, con risultati differiti nel tempo. Molto del futuro del Mediterraneo, del suo riequilibrio tra aree interne e coste, tra montagne e mare, dipenderà dalla forza della società civile “organizzata” che lotta tanto per la difesa della biodiversità quanto per la dignità delle culture locali».
Prima che gestito, il territorio va “letto” e poi pianificato, non più “contro” gli interessi degli abitanti, ma “con” gli enti locali, con le associazioni dei cittadini. L’esempio più eclatante tra quelli proposti (che, se la memoria non mi inganna, ha suscitato anche l’ammirazione di opinionisti di opposto schieramento come Vittorio Feltri), è la gestione del solito buco nero della prevenzione/spegnimento degli incendi. Con una spesa di quattrocentomila euro, contro i circa dieci milioni stanziati dalla sola provincia di Reggio, la piaga è stata quasi azzerata: è bastato ordinare il caos dei soggetti preposti a questa attività, responsabilizzarne le diverse componenti e legarle ad una fetta di territorio, e soprattutto ricompensarle in base ai risultati ottenuti.
«Senso dell’appartenenza, memoria storica vissuta dinamicamente, costruzione di una visione comune per l’edificazione di un mondo migliore. Sono processi culturali e politici che non si decidono a tavolino, ma che richiedono la partecipazione di tutte le forme organizzate della società a partire dagli enti locali e da quella figura, che abbiamo precedentemente richiamato, di “imprenditore pubblico” ». Dove il potere viene massimamente delegato avanza anche il degrado, tanto ambientale quanto sociale, e la rinuncia dello stato al suo ruolo di guida e gestore degli interessi generali in favore di soggetti economici privati è probabilmente un primo indicatore di un grave malessere delle istituzioni.
Ciò che resta da questa lettura è che un futuro sostenibile è possibile e non è nemmeno il caso di imporlo, lo si costruisce insieme, per perpetrare quel patrimonio che è giunto fino a noi dalla notte dei tempi: la natura vivente e l’orgoglio di essere uomini con una propria identità. «Quando si arrivava in un nuovo parco nazionale e si incontravano i sindaci, il presidente della Comunità del Parco dell’Aspromonte, il professor Galimi, con voce altisonante e coinvolgente, leggeva la “Carta” (La Carta della Civiltà dell’Aspromonte n.d.r.). In quel momento, i sindaci dell’Aspromonte, con la fascia tricolore a tracolla, ascoltando in religioso silenzio, trattenevano a stento l’emozione: per la prima volta nella storia d’Italia, le popolazioni dell’estremo Sud, i nipoti dei briganti e degli emigrati transoceanici, attraversavano l’Italia, consapevoli infine di essere cittadini con pari dignità e orgogliosi di appartenere a una terra che crede ancora in valori quali l’ospitalità, l’amicizia e la convivialità. Nell’era della mercificazione globale non è poco. E un parco può compiere anche questi “miracoli” ».

Recensioni di

Maurizio Bergamini
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Autore: 

Tonino Perna

Collana: 

Temi

n°: 

124

Anno di pubblicazione: 

2002

Lingua: 

Italiano

N° Pagine: 

233

Carta: 

Patinata

Rilegatura: 

Brossura

Prezzo: 

16.00€