Monte Musinè, da Casellette
Accesso
Da Torino, ci si porta lungo C.so Francia verso Collegno, quindi da qui ad Alpignano e a Casellette, dove si imbocca la strada verso il centro del paese seguendo poi le indicazioni per il Monte Musinè.
Introduzione
Il Monte Musinè è la prima montagna significativa che si incontra ad ovest di Torino, all’imbocco della Valle di Susa e si eleva repentinamente dalla pianura fino ai 1150 metri della sua sommità dove sorge una imponente croce bianca, in cemento armato.
Da sempre, il Musinè è avvolto da un alone di mistero e di leggenda.
La leggenda più famosa è quella secondo la quale Erode, il feroce re di Giudea, sarebbe stato condannato ad espiare i suoi crimini, sorvolando per l’eternità la montagna rinchiuso in un carro di fuoco; per questo non sono rare le notti in cui, lungo i pendii del Musinè, si accendono bagliori improvvisi.
In realtà si tratterebbe di fulmini globulari dovuti all’altissima componente ferrosa delle rocce che costituiscono il monte; in effetti, salendo lungo le sue pendici, è facile notare il colore rosso bruno delle rocce e della terra e più ancora le rocce emergenti che mostrano spesso una superficie molto ruvida a causa di microgranuli di magnetite affioranti.
Addirittura, la grande quantità di minerale ferroso, determina anomalie magnetiche che possono impedire il corretto funzionamento delle bussole.
Gli appassionati di UFO hanno invece attribuito le luci ad astronavi extraterrestri che avrebbero impiantato addirittura una base segreta all’interno della montagna.
Da qualche parte sulla montagna vi sarebbe poi una grotta nascosta, sorvegliata da un drago e contenente un favoloso tesoro, ma intorno alla quale si aggirerebbero lupi mannari e spettri che svaniscono nella bruma urlando come esseri dannati.
Attorno al Musinè sono stati rinvenuti resti di insediamenti risalenti all’età del bronzo e del ferro nonché i ruderi di due interessanti ville di epoca romana e un’ulteriore leggenda vuole che ai piedi del monte si sia svolta la battaglia nella quale l’imperatore Costantino, dopo aver visto in cielo la famosa croce luminosa con la scritta “in hoc signo vinces” sconfisse l’esercito di Massenzio.
Descrizione
Parcheggiata l’auto vicino al campo sportivo si imbocca subito il largo sentiero acciottolato che, con alcuni tornanti costellati dai piloni della via crucis, sale rapidamente al Santuario di Sant’Abaco: una bella costruzione con una facciata molto armonica nella quale si apre un nartece archivoltato ed ai lati della quale spiccano due curiosi campanili; all’interno è conservata una pregevole ancona d’altare realizzata da G. Maso nel 1713.
Dal piazzale del piccolo santuario la vista sulla pianura torinese e canavesana comincia da essere interessante.
Il sentiero si inerpica subito ripido alle spalle della costruzione e sale seguendo la linea di cresta con un dedalo di possibili passaggi aperti nella rada e bassa vegetazione tipica dei terreni xerici; il consiglio è quello di seguire la traccia con pendenza meno accentuata evitando così tratti decisamente scomodi e resi scoscesi dallo scorrimento delle acque piovane.
La pendenza si mantiene importante lungo tutta la salita, intervallata solo da tre brevi pianori, e anche se la grande croce bianca sulla vetta sembra sempre a portata di mano, l’intera salita impegna per un paio d’ore.
L’ambiente naturale non offre grandi spunti di soddisfazione, i pendii della montagna sono aspri e brulli e la vegetazione di roverelle e piccole conifere rada e stentata, tuttavia il panorama che si apre mano a mano che si sale è decisamente appagante: verso nord, oltre la pianura canavesana, si stagliano le montagne della Valle Orco, ad est la pianura con Torino e la collina alle sue spalle, a sud spicca il profilo della collina morenica di Rivoli e poi la piramide del Monviso e le colline del saluzzese e verso ovest il massiccio dell’Orsiera-Rocciavrè e le montagne dell’alta Valle di Susa.