Castello di Cly
Introduzione
Perfettamente allineato con i castelli di Montjovet e di Ussel, sfruttando i tre punti più elevati della valle d’Ayas, il castello di Cly domina, dalla parte dell’ingresso, ampi prati in declivio verso i monti. Pare che sia proprio per questa caratteristica che il castello ha preso il nome di Cly, tramite le espressioni de clito e clivo.
Descrizione
Il castello di Cly è un tipico esempio della primitiva tipologia costruttiva dei castelli valdostani, con un recinto in muratura, particolarmente ampio, che racchiude gli altri elementi che nella fattispecie sono la torre, la cappella, gli edifici residenziali e per il corpo di guardia; vediamo questi elementi ad uno ad uno, iniziando dal recinto.
La cinta muraria è tuttora conservata lungo tutto l’originale perimetro, e pare che, almeno nella zona occidentale, sia stato l’ultimo elemento dell’intero complesso ad essere edificato. Nella cinta muraria, nel lato a settentrione, si apre la porta di accesso al castello, identificando così un recinto maggiore, dal quale, attraverso un passaggio, si giunge nel secondo recinto murario; al terzo recinto, realizzato a ridosso della torre, si accede attraverso un’ulteriore porta munita di feritoie. La cinta principale segue l’andamento del pianoro su cui il castello è stato edificato ed è munita di feritoie e finestre; in corrispondenza della porta di accesso si possono trovare tracce che testimoniano l’esistenza di un’antiporta, mentre nell’angolo nord occidentale si scorgono i resti dell’edificio sotto cui si trovava la cisterna dell’acqua, intonacata con cocciopesto per garantirne l’impermeabilità.
La torre è un elemento fondamentale dei castelli. A Cly si trova realizzata su una scarpa di notevole pendenza, realizzata sagomando la roccia viva su cui la costruzione è stata impostata al fine di offrire una maggior resistenza all’attacco tramite mine. Di pianta quadrata, misura 9,40 x 9,00 metri, è alta 18 metri e presenta murature regolari e massicce. Pare fosse coronata da due aperture per lato, piuttosto che da merlature vere e proprie, coperte da un tetto ormai crollato; l’interno è suddiviso in tre piani tramite impalcati in legno. Le murature della torre sono relaizzate con corsi regolari di conci di pietra posati orizzontalmente, con pochi tratti di opus spigatum e la presenza di conci angolari di maggiori dimensioni. Sulla superficie esterna della torre si nota una bifora tamponata e segni di ripresa muraria, che possono testimoniarci di opere di manutenzione o di sopraelevazione. L’accesso alla torre avveniva in un primo tempo tramite una scala di legno che consentiva l’accesso ad una porta a tutto sesto posta a parecchi metri di altezza rispetto al suolo; in seguito è stata realizzata una scala in pietra sorretta da un arco rampante, attualmente crollata, di cui ci rimane la testimonianza fotografica del Nigra (Carlo Nigra, Castelli della Valle d'Aosta, Musumeci, Aosta, 1974).
La cappella si presenta di ridotte dimensioni ed è perfettamente orientata con la piccola abside verso est e il lato opposto, con una porta di accesso verso ovest; presenta un’altra apertura sulla parete meridionale, che probabilmente consentiva l’accesso diretto dalla zona residenziale. L’abside è decorata con affreschi databili circa al 1200, anno in cui per altro la cappella inizia ad essere citata nei documenti storici: nel 1207 la “cappella sancti Mauricij de castro Cliuo” viene citata in una bolla papale come bene appartenente al convento di Saint-Gilles di Verrès. Ci porta testimonianza dello stato degli affreschi il Nigra che, ricordiamolo, inizia a scrivere il suo libro "Castelli in Val d'Aosta" alla fine del XIX secolo e lo conclude nel 1937, anche se viene pubblicato solo nel 1974. Scrive dunque Carlo Nigra, a proposito della cappella del castello di Cly: “Nell’interno i suoi muri portano interessanti resti di dipinti appartenenti a varie epoche [...]. Le pitture dello strato più antico hanno solo carattere decorativo e pare fossero intervallate con figure di Santi ora scomparse: esse sono eseguite da abile mano. I dipinti del secondo strato sono eseguiti a calce sopra le figure del primo strato e rappresentano all’esterno delle bugne, e sulle pareti interne delle figure di Santi col Cristo fra i simboli degli Evangelisti. Sulle pareti stesse si intravvedono altre figure di Santi, la Madonna, san Giorgio ecc., dipinte al disopra di uno zoccolo raffigurante della stoffa. Essi sono lavori grossolani eseguiti in una terza epoca sopra arricciatura applicata sull’intonaco primitivo.”
Le murature della cappella presentano numerosi brani realizzati con opus spigatum, soprattutto nelle parti alte; le lesene che segnano l’abside e i fianchi sono unite tra loro da archetti pensili, che testimoniano una datazione non posteriore al XII secolo.
Gli edifici residenziali e per il corpo di guardia sono attualmente ridotti a stato di rudere ma dovevano essere ben costruiti, come ci testimoniano le pietre da taglio e i resti di un camino, delle finestre e degli intonaci.
Cenni storici
Nel corso del XIII secolo il feudo di Cly esisteva già, poiché Bosone III, figlio di Bosone II di Challant Visconte di Aosta, poteva vantare la signoria di Chatillon e di Cly.
Un atto del 1242 testimonia di come i figli di Bosone III, Goffredo Aimone e Bosone IV, ricevettero questi feudi dal conte di Savoia; alla metà del XIII secolo i tre si spartirono i possedimenti della famiglia e Bosone IV ricevette il possesso di Cly (mentre Châtillon andò al fratello, Goffredo II) divenendo così il capostipite del ramo Challant di Cly. È a lui che dobbiamo il castello di Cly, costruito presumibilmente nel 1251 sui resti di un castello risalente al XII secolo secondo la tipologia primitiva dei castelli valdostani.
A Bonifacio succedette il figlio Pietro il quale, di carattere decisamente vivace, si contrappose al conte Amedeo IV di Savoia alla fine del secolo XIV per una questione di titoli nobiliari e venne quindi dicharato scaduto dai suoi feudi; inoltre Amedeo IV confiscò i beni di Pietro e prese possesso del castello di Cly, che divenne così, nel 1384, bene della corona.
Nel 1550 poi il duca Carlo il Buono di Savoia concesse il feudo di Cly ad un capitano spagnolo che all’epoca stava di stanza ad Ivrea con i suoi armati; questi tuttavia lo cedette ai francesi e quindi fu spodestato, nel 1554, da Emanuele Filiberto, a favore di Giovanni Fabri di Aosta. Dalla famiglia di questi il castello passò quindi, nel 1634, al barone Filiberto Roncas, signore di Châtel Argent, il quale lo diede in dote ad una delle sue figlie.
Verso la fine del XVII secolo il feudo venne diviso in numerose parti e il castello di Cly venne definitivamente abbandonato e parte del materiale venne riutilizzato dalla famiglia Roncas per l’edificazione della casa in Chambave: comincia così la rovina del castello di Cly, che lo ha trasformato nel rudere che vediamo oggi.