Con le ciaspole

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Ritratto di massimo
massimo

"Mont Emilius": Scatto diverse immagini del Mont Emilius, vetta simbolo d’Aosta. La luna e il pennacchio, originato dal vento, impreziosiscono l’immagine. La cima si trova sul versante opposto rispetto alla Valle di Saint Barthélemy. Ho scelto di isolare il soggetto dalle altre cime, utilizzando l’80-200, accentuando il cielo bleu del primo mattino con un polarizzatore.
(Nikon F 90 X, 80-200 af d 2,8. Velvia 50. Polarizzatore. Treppiede)

Una mattina presto nel Gennaio 2001. La mia auto arranca sulla rotabile della Valle di Saint-Barthélemy. Arranca è proprio la parola giusta ! la strada è imbiancata, il clima è gelido e lo spettacolo “tutto bianco” è straordinario, quasi irreale: cime, abeti e larici sono zeppi di neve! In effetti ha nevicato tutta notte, per smettere solo un paio d’ore prima dell’alba. Vorrei arrivare in auto sino a Porliod, per poi proseguire con le ciaspole sino agli alpeggi di Tsa Fontaney e, magari, anche oltre, anche se dubito che le condizioni del manto nevoso siano sicure fuori del bosco: c’è troppa neve. Ho scelto la Valle di Saint-Barthélemy per un servizio di itinerari con le racchette per “La Rivista del Trekking”. Il luogo, visto precedentemente in periodo estivo, mi sembra l’ideale, non avendo impianti di risalita invasivi, a parte un mini skilift. Anche la conformazione orografica, con alcuni alpeggi e con strade agro-silvo-pastorali, sembrerebbe essere interessante per una serie di escursioni semplici per chi intenda provare a calzare le ciaspole, anche per la prima volta. Personalmente mi muovo con le ciaspole dal 1997, ma riviste ed editori hanno iniziato a considerare questo tipo d’escursionismo invernale solo dai primi mesi del 2000. Verso Lignan, “capoluogo” della valle, non posso fare a meno di fermarmi per ritrarre la splendida piramide del Mont Emilius, impreziosita dalla luna, ancora alta nel cielo. Fermo l’auto in un tratto in piano (occhio, altrimenti non riparte più su neve e ghiaccio!) e, nel gelo del mattino, estraggo il treppiede, la fida F90 X, lo zoom 80-200 e il polarizzatore. Scelgo un obiettivo tele per isolare il soggetto. Lo zoom in questo caso è comodissimo, in quanto cambiare l’ottica col freddo tremendo di questa mattina sarebbe proprio una sofferenza! Dopo una serie di scatti, al limite del congelamento, riparto per affrontare i tornanti e giungere, “quasi pattinando”, sino a Porliod ove parcheggio. Uno sguardo verso valle, per ammirare la dorsale orografica destra della Valle Centrale (o Valle della Dora) e già pregusto le foto di alberi e radici ammantate di bianco, vette innevate come fossimo nelle Ande… Invece arriva la nebbia. Nuvole ovattano il paesaggio. Non si vede più nulla. Addio servizio, ma soprattutto niente foto! Occasioni di scattare con tantissima neve sono piuttosto rare, soprattutto negli ultimi anni, visto che le precipitazioni nevose sembrano divenire sempre più rare. Parto comunque, sperando nella buona sorte e poi anche la nebbia ha il suo fascino, soprattutto per uno che vive nel Parco del Ticino e che è abituato anche a fotografarla (in futuro ne parleremo). Ripongo la borsa fotografica (105 af 2,8 macro, 80-200 af d 2,8, 15 2,8 fish eye e treppiede, una quindicina di Velvia 50) nello zaino da montagna, lasciando la F 90 X con il 20-35 mm a tracolla, protetta dalla borsa pronto (vedi il capitolo “problemi di trasporto”). Dopo una decina di minuti il sipario della Val d’Aosta si apre, il miracolo è compiuto: la nebbia e le nuvole si diradano lentamente, ma inesorabilmente; spuntano le vette imbiancate, prima, e le cime degli alberi, appena dopo; la nebbia si trasforma in un “mare di nubi” dal quale si ergono le vette della valle della Dora, tra le altre, l’Emilius, L’Avic e la Grivola. E’ d’obbligo una sosta fotografica. Lo scenario è tra i più suggestivi e fotogenici della mia attuale stagione invernale. Scatto molte foto, modificando l’esposizione (scatti a forcella a passi di 1/3 di stop) e l’inquadratura, sia utilizzando il 20-35, sia l’80-200. A volte scelgo di incorniciare il soggetto sfruttando come quinte naturali i larici bianchi, a volte evito di inquadrare la vegetazione per evidenziare il mare di nubi. Proseguo nel bosco, lungo la agro-silvo-pastorale imbiancata, o tagliando i tornanti, perché proprio gli alberi sono tra i soggetti più interessanti di questa giornata. La corteccia corrugata dei larici, impreziosita da muschi, licheni e arabeschi di neve, è il soggetto ideale per scatti ravvicinati, texture o immagini d’insieme. Queste sono immagini che è meglio scattare con la luce radente del mattino o della sera, in modo che si evidenzino le forme e la materia. Bellissime anche le immagini di rami adornati da forme di neve. Anche in questo caso la luce radente è importante. Per texture e forme di neve utilizzo il 105 macro, diaframma intorno a f11 / f16, ponendo l’ottica perpendicolarmente al soggetto, in modo da ottenere ottima profondità di campo ed evidenziare le forme. Ovviamente per macro e texture il treppiede è indispensabile. Immancabili per un servizio fotografico, ma anche per il ricordo di una gita tra amici, sono le inquadrature d’ampio respiro e le immagini con gli escursionisti lungo i sentieri che servono anche per far capire al lettore il tipo di gita che si sta affrontando. Gli alberi lasciano ora posto a docili pendii, sovrastati dal Monte Faroma, che conducono all’Alpe Tza Fontaney, con bella vista sul Mont Morion. I pendii successivi che conducono al Col Salve sono invitanti e candidi, troppo innevati per proseguire in sicurezza. Decido, quindi, di fermarmi, approfittando dei numerosi spunti fotografici che offre la zona, con l’idea di tornare nei prossimi giorni, con neve stabile e assestata, per percorrere altri itinerari e finire il servizio per la rivista. Lungo il percorso del ritorno in auto mi fermo nel paesino di Lignan e approfittando della neve che adorna i tetti e i pendii circostanti scatto alcune immagini.

Spunti Tecnici

Altri brevi spunti tecnici interessanti (in futuro saranno trattati analiticamente) per qualsiasi escursione al freddo o sulla neve possono essere: il bianco della neve, la misurazione spot e alcune precauzioni per proteggere le attrezzature dal freddo. Rendere il bianco della neve, con le digitali non è un problema; si può agire con interventi in post produzione, sui livelli e sulla luminosità. E’ possibile anche intervenire sul “bilanciamento del bianco”, il WB della macchina fotografica. Si può puntare la macchina su un soggetto neutro (il cielo azzurro in montagna va benissimo) e misurare la luce in questo modo, per poi ricomporre l’inquadratura e scattare. Personalmente lascio sempre, o quasi, il WB in auto e agisco poi (pochissimo in verità) in post produzione. In Diapositiva, invece, è necessario, spesso, sovresporre l’immagine, in modo da schiarire la foto e rendere la neve bianca. In realtà per un lavoro di qualità professionale sarebbe necessario tarare la propria reflex con gli obiettivi e le pellicole in uso, in modo da essere consapevoli di ottenere la tonalità di colore ricercata (si vedrà in un capitolo a parte). In linea di massima, però, già settando la reflex (digitale o analogica) con la lettura a matrice si dovrebbe ottenere comunque la neve bianca. In caso, però, ci siano scene con notevoli differenze di luminosità, con parti in luce e parti in ombra, è necessario sostituire la lettura a matrice con la lettura spot. La matrice, infatti, compie una media tra le varie luminosità della scena e tende spesso a schiarire le ombre, rendendo illeggibili e troppo chiare le alte luci. In spot si punta il centro del mirino nella parte della scena che si intende privilegiare, in genere la parte luminosa. Si ricompone, poi, l’inquadratura e si scatta. Per proteggere l’attrezzatura dal freddo è sufficiente tenere la macchina sotto la giacca a vento e avere delle batterie di scorta al caldo, visto che il freddo tende a renderle temporaneamente poco efficienti. Prestare attenzione anche quando dal freddo si entra in un luogo caldo, ad esempio un rifugio. E’ possibile, infatti, che si formi condensa sull’attrezzatura fotografica. Nel caso è sufficiente attendere qualche minuto, soprattutto per sostituire le ottiche, evitando così che sul sensore delle digitali si formi condensa.

Note

Itinerario: Alpe Tsa de Fontaney (2302 m): da Porliod (1876 m); + 426 m; 1,30 ore; semplice con neve battuta.
Accesso: Autostrada della Val d’Aosta Autostrada A5, uscita Nus, ove si seguono le indicazioni per Lignan e Porliod.

“Mare di nubi”: “miracolo” dell’inversione termica. Uno scenario particolarmente suggestivo. Ho scattato molte immagini, concentrandomi su inquadratura ed esposizione. Per questo articolo ho scelto la foto con le punte dei larici ben in evidenza, in modo da creare una quinta naturale, comprendendo 4 piani distinti: alberi, nuvole, cime, cielo.
(Nikon F 90 X, 80-200 af d 2,8. Velvia. Treppiede)

“Licheni”: ho scelto un taglio verticale, evidenziando i licheni sulla corteccia. La risoluzione del web non permette di apprezzare la forma corrugata della corteccia e l’ottima messa a fuoco e profondità di campo del soggetto, aiutata anche dall’utilizzo di un diaframma molto chiuso. Piazzando il treppiede ho messo l’obiettivo perpendicolare al soggetto, in modo di ottenere buona profondità di campo.
(Nikon F 90 X, 105 macro af d 2,8. Velvia 50. Treppiede)

“Lungo il sentiero”: altro modi di rappresentare la vegetazione. Uno scatto semplice, ma difficilmente si può resistere ad un bosco imbiancato, anche se il sole nell’inquadratura consente di variare un po’ l’immagine. Sia in diapositiva, sia in digitale è necessario “schiarire” l’immagine, vista le presenza contemporanea del controluce e della neve bianca. In Dia si compiono più scatti a forcella: con l’attrezzatura che ho utilizzato è stato sufficiente una sovraesposizione di 2/3 di stop. In digitale, ovviamente, si può schiarire in post produzione con il semplice comando luminosità / contrasto, oppure intervenendo sui livelli.
(Nikon F 90 X, Sigma 15 Fish Eye 2,8 af d. Velvia)

“Forme di neve”: anche i particolari hanno il loro fascino, soprattutto quando sono effimeri, come questi arabeschi di neve che hanno vita limitata, sciogliendosi ai raggi del sole. Come scelta espressiva ho isolato una parte del soggetto, scegliendo, col medio tele 105 macro, un diaframma medio, in modo da non avere “il tutto a fuoco” che avrebbe, a mio avviso, reso l’immagine confusionaria.
(Nikon F 90 X, 105 macro af d 2,8. Velvia 50. Treppiede)

“Ampio respiro”: la mole innevata del Mont Faroma, sovrasta i docili pendii nei pressi dell’Alpe Tza Fontaney. La traccia nella neve contribuisce a dare senso di profondità all’immagine. Ho scelto di includere i due escursionisti per dare un senso di proporzione, evidenziato anche dall’uso dello zoom grandangolare settato su 20 mm. Per rendere la neve bianca ho sovraesposto di 2/3 di stop.
(Nikon F 90 X, 20-35 af d 2,8. Velvia)

“Camminare sulla neve”: le foto con escursionisti come soggetto principale servono per rendere l’idea del tipo di sentiero che si sta affrontando (semplice, ripido, scosceso, ecc.). E’ sempre meglio non mettere il soggetto al centro dell’inquadratura. In questo caso, però, ho scelto di non seguire la regola, per la presenza del ramo innevato che sembra quasi indicare l’escursionista e costituisce una sorta di linea guida. Il controluce evidenzia anche le ombre dei rami. Dal punto di vista tecnico è stato necessario sovresporre l’immagine, in modo da schiarirla, vista la presenza della neve e del sole nell’inquadratura. Per rendere il sole “a stella”, con i raggi in evidenza, si utilizza un diaframma chiuso, tipo f 16. occorre, però prestare attenzione ai flare (ombre fantasma a formo romboidale) che la luce crea a causa della forma delle lamelle del diaframma.
(Nikon F 90 X, Sigma 15 Fish Eye af d 2,8. Velvia)

“Salendo alla Tsa de Fontaney”: gli alberi, le ombre e le tracce di una lepre in primo piano fanno da quinta al Monte Faroma. Utilizzando il grandangolo a 20 mm è sempre necessario includere un primo piano, in modo da conferire senso di profondità all’immagine. Anche in questo caso, vista la neve bianca e le ombre molto scure è stata necessaria una leggera sovraesposizione.
(Nikon F 90 X, 20-35 af d 2,8. Velvia)

“Il Mont Morion dalla meta”: un po’ di colore non guasta ! Grandangolo, con primo piano e diaframma chiuso, intorno a f16, in modo da avere a fuoco sia le ciaspole che la vetta. Visto che stavo realizzando un servizio di escursioni con racchette, una foto agli attrezzi del mestiere è sempre pertinente.
(Nikon F 90 X, 20-35 af d 2,8. Velvia)

“Lignan”: il caratteristico paese di Lignan rappresenta la fine della storia raccontata. Dopo la gita, volendo, si può fare una pausa al paesino, due passi, quattro chiacchere, una cioccolata calda o un paio di birre.
(Nikon F 90 X, 80-200 af d 2,8 )

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